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Inventari degli archivi FIDAE-FNLE, Regionale Toscana (1945-1990), Provinciale Firenze (1945-1987), Larderello (1944-1990) | Archivio Lavoro Toscana

Inventari degli archivi FIDAE-FNLE, Regionale Toscana (1945-1990), Provinciale Firenze (1945-1987), Larderello (1944-1990) (1944 - 1990)

Complesso Di Fondi

5.940 unità archivistiche collegate (totale del complesso)

Abstract:

Prefazione di Calogero Governali (Centro documentazione e Archivio storico CGIL Toscana):

Il riordino dell’archivio della FIDAE-FNLE e la pubblicazione del presente inventario segna un ulteriore traguardo nell’attività quasi trentennale del Centro documentazione e Archivio storico della CGIL Toscana dove l’archivio in questione è depositato dal 1990.
Plauso e merito per il raggiungimento di questo risultato va dato, oltre che alla riordinatrice, alla FNLE, che ha sempre dimostrato una sensibilità particolare nella salvaguardia delle carte dell’archivio e nell’impegno, anche economico, profuso per promuoverne il riordino e l’inventariazione che consentisse un facile accesso ai documenti.
E’ particolarmente significativo che anche l’attuale segreteria abbia voluto dar prova di impegno ed attaccamento alla propria memoria storica, stratificata in queste carte, aderendo convintamene alla proposta di pubblicare questo strumento, ulteriore, di consultazione proprio a pochi mesi dalla celebrazione del loro Congresso.
Congresso particolarmente importante perchè sancirà la fusione di questa struttura con il Sindacato dei lavoratori chimici (FILCEA) per dare vita alla FILCEM.
Termina così l’attività dell’FNLE come categoria autonoma dei lavoratori dell’energia per far posto ad una struttura più composita ed ampia.
Fusioni e cambiamenti organizzativi sono fatti non rari nella vita di un sindacato (basti pensare alla nascita della stessa FNLE nel 1977 con la fusione dei tre sindacati FIDAE FIDAG e FILDA); in questo modo il sindacato rende più funzionali le proprie strutture adeguandole alle mutate esigenze sociali, economiche e produttive.
E’ invece fatto non frequente l’attenzione e la lungimiranza con la quale, anche alla vigilia del proprio scioglimento, questa organizzazione sindacale si pone nella salvaguardia del proprio materiale archivistico.
C’è in questo comportamento la consapevolezza che il patrimonio documentario testimonierà per il futuro delle lotte, delle conquiste, dell’impegno di tanti lavoratori e dirigenti sindacali che per sessanta anni si sono avvicendati nella FIDAE-FNLE.
C’è, insieme, la certezza che questa documentazione costituirà una fonte preziosa e di primaria importanza (anche se da integrare con altre) per una ricostruzione storica la più “oggettiva” possibile, sicuro argine alle “riletture storiche” a cui abbiamo assistito negli ultimi anni.
Con questa iniziativa editoriale, la FNLE Toscana e l’Archivio storico, vogliono portare il loro piccolo, ma significativo, contributo alle celebrazioni per l’ormai prossimo centenario della CGIL nazionale.

Presentazione di Emilio Capannelli (Soprintendenza Archivistica per la Toscana):

Il lavoro di inventariazione dell’archivio della FIDAE che Monica Valentini ha portato a conclusione permetterà finalmente agli studiosi di storia contemporanea di avere a disposizione un patrimonio archivistico di grande valore, anche per la grande ricchezza documentaria del sindacato
degli elettrici. Si tratta di una fonte estremamente importante per la nostra storia contemporanea, dato il valore che il settore dell’energia ha in una società industrialmente avanzata, tanto più in una regione come la Toscana nella quale sono presenti rilevanti risorse energetiche, che hanno dato, e danno tuttora, lavoro ed occupazione a vasti strati di popolazione.
Mi sembra doveroso sottolineare la qualità delle operazioni di inventariazione che stanno a monte dell’attuale ordinamento, particolarmente apprezzabile a fronte della notevole complessità della storia organizzativa (e consequenzialmente archivistica) del sindacato nel settore energetico, come del resto è ben evidenziato nell’apparato introduttivo con cui Monica Valentini ha corredato l’inventario. Il lavoro descrittivo finale, che è quello immediatamente apprezzabile nell’inventario, è infatti solo la parte conclusiva innanzitutto di un difficile e faticoso percorso di ricostruzione generale dei processi di sedimentazione delle carte. Ma la ricostruzione, pur nei limiti del possibile, di questo processo di sedimentazione non mai è sufficiente nell’ordinamento di un archivio sindacale, e non lo è stato neppure in questo caso. Infatti la
complessità e la discontinuità dell’evoluzione storica del sindacato degli elettrici, con frequenti cesure ed incorporazioni e con ricorrenti modifiche strutturali, ma anche e soprattutto la stessa impostazione quotidiana del lavoro dei sindacalisti, spesso magmatica e destrutturata, rendevano scarsamente fruibile
un’organizzazione archivistica basata sui canoni classici del “metodo storico”, mirante cioè a ricostruire “l’ordinamento originario” dell’archivio (sempre che quest’operazione fosse realmente possibile, cosa di cui è lecito dubitare). Si è reso necessario pertanto un intervento dell’ordinatore, che ha cercato di rendere
leggibile la trama di sedimentazione della documentazione, razionalizzandone in qualche modo l’organizzazione anche dove questa razionalità non era originariamente presente, attenendosi a criteri che comunque non sono mai stati arbitrari ma correlati alla reale articolazione operativa del sindacato, con una
fedeltà più sostanziale che formale.
È stato pertanto un lavoro difficile e di lungo periodo, ma che ha portato ad un inventario di grande rigore scientifico, che deve essere apprezzato in tutto il suo valore.

Premessa

Nel tracciare la storia della FIDAE, Federazione Nazionale Dipendenti Aziende Elettriche, dal 1977 FNLE, Federazione Nazionale Lavoratori Energia, sindacato di categoria aderente alla CGIL, si cercherà di tener presenti tre variabili che possono riflettersi sulla sua struttura, e quindi sui suoi archivi: la sua storia interna (organizzazione), quella del settore produttivo di riferimento (imprese e
mercato) ed infine quella della confederazione di appartenenza (ideologia).
Più volte è stata sottolineata la specificità del lavoro di riordino degli archivi sindacali che discende innanzitutto dalla particolare natura organizzativa del sindacato. Esso è infatti un’organizzazione la cui esistenza dipende da quella di altre organizzazioni, prima di tutto l’impresa, inoltre è un soggetto che agisce in un contesto, il mercato, che può influenzare ma non determinare; infine è un
soggetto che fa riferimento a istanze di natura ideologica.
Questi tre fattori, organizzazione delle controparti, ciclo economico, ideologia, incidono sia sui possibili modelli organizzativi, affacciatisi nella storia del movimento sindacale, sia sulle singole concrete esperienze. Tra i modelli organizzativi ricordiamo innanzitutto la distinzione tra sindacato
industriale, o di categoria, e sindacato di tipo territoriale, o orizzontale, che raggruppa tutti i lavoratori residenti in una determinata area indipendentemente dal settore produttivo. Inoltre, anche all’interno di un sindacato di categoria, vi sono le articolazioni territoriali, il centro, con le strutture nazionali, e la periferia articolata in sindacati regionali, provinciali, ecc. La scelta di privilegiare
l’azione a un livello (ad esempio centrale o locale) può variare tra sindacati categoriali diversi, può variare all’interno della stessa categoria in rapporto a contesti storici diversi, ed infine può variare in rapporto a particolari situazioni ambientali. Vi è poi un’altra specificità riferita al sindacato come
organizzazione: in realtà in esso convivono tre modelli organizzativi: “quello associativo, fondato sulle regole della rappresentanza formale e sulla trafila congressuale che porta alla costituzione degli organismi deliberativi; quello burocratico, basato sulla razionalità amministrativa; quello carismatico, legato ad una rappresentanza ‘dal basso’ che non coincide con l’area dei rappresentati
nel senso associativo”.
Nel caso della FIDAE si terrà quindi presente la sua specifica evoluzione interna, prima variabile, della quale un momento saliente è l’unione nel 1977 con le federazioni di categoria dei lavoratori addetti alle aziende del gas (FIDAG) e degli acquedotti (FILDA) per costituire la FNLE. La seconda variabile è costituita dalla storia e dalla organizzazione delle imprese di riferimento e risulterà particolarmente evidente che la struttura organizzativa del sindacato si è adattata a quella della controparte, le imprese elettriche, diventate nel 1962 Ente Nazionale per l’Energia Elettrica (ENEL). Infine si dovrà considerare la terza variabile, la storia e l’evoluzione organizzativa della confederazione di appartenenza, la CGIL, con la sua dinamica tra la dimensione orizzontale e quella verticale, e con l’evoluzione delle forme di rappresentanza, ad esempio il passaggio dalle Commissioni Interne ai Consigli dei Delegati.
Va poi tenuto in considerazione il radicamento che una azienda e i suoi addetti hanno con il territorio in cui operano. Spesso quindi le variabili sopra indicate si combinano con le politiche e le scelte attuate in quel particolare territorio dall’azienda stessa, dallo stato, dalle amministrazioni locali, dai cittadini che vi abitano Questo è particolarmente evidente in un settore, come quello
dell’energia, in cui sono forti i risvolti e le ricadute sociali ed ambientali delle scelte produttive, si pensi ad esempio alla scelta della localizzazione degli impianti. Ma è anche il motivo per cui si creano situazioni uniche di rapporto simbiotico tra impresa e territorio, tra lavoratori e cittadini. Un caso emblematico è quello della zona dei soffioni boraciferi in Toscana dove le comunità si sono
letteralmente formate a seguito dell’azione dell’impresa: lo stesso nome di Larderello deriva dal fondatore della fabbrica e dove negli anni seguenti l’ENEL avrebbe dato all’architetto Michelucci l’incarico di realizzare edifici pubblici.

La FIDAE dalla nascita alla ricostituzione 1919-1945

La FIDAE si costituisce a Firenze, presso la Società di Mutuo Soccorso di Rifredi, il 23 giugno 1919, raggruppando i lavoratori del settore che fino a quel momento erano stati inclusi nella FIOM; sciolta nel 1926 si ricostituisce nel gennaio del 1945, durante il I Congresso della Cgil. In quella occasione i lavoratori delle aziende elettriche nominano primo Segretario generale Vasco
Cesari che, proveniente dalle fila della FIOM fiorentina, aveva partecipato anche alla costituzione della FIDAE. Compito del Segretario, insieme ad un Comitato esecutivo provvisorio e ad un Comitato centrale, è quello di ridefinire l’assetto organizzativo in vista del primo congresso della categoria.
L’organizzazione sindacale si stava ricostituendo a partire dalle Commissioni Interne o dai Comitati Sindacali con grande difficoltà, a causa della spaccatura tra nord e sud e della polverizzazione della categoria sul territorio. Non erano ancora stati designati i rappresentanti delle diverse strutture periferiche e lo stesso Comitato Centrale non si riunì prima del gennaio del 1946;
la Segreteria nazionale, composta da pochi dirigenti del centro romano, riuscì tuttavia a produrre circolari per le strutture periferiche ricostituite e le Camere del Lavoro e a costituire una prima provvisoria Segreteria interregionale per l’Alta Italia, comprendente insieme il territorio appena liberato e la zona di produzione dell’Edison e che escludeva quindi la Toscana.
In Toscana la FIDAE interregionale, composta cioè sia dalla Toscana che dalla Provincia di Terni, si ricostituisce l’11 marzo del 1945 nel corso del I Convegno regionale e viene nominato Segretario regionale Attilio Moneti. Il territorio toscano coincide quasi interamente con la zona di attività della Selt Valdarno che è quindi la principale controparte del sindacato, anche se non l’unica, si segnalano infatti anche la Larderello Spa, la Società Maremmana, la Società Forze Idrauliche dell’Appennino Centrale (SFIAC)11. La presenza di centri importanti di produzione determina le articolazioni della FIDAE in sezioni provinciali e comunali o aziendali, partizioni comunque variabili, che possono talvolta coincidere tra loro e che non sempre sono riferibili a province o comuni. Di converso zone al di fuori della regione, ma appartenenti alla Selt Valdarno,
rientrano per questo nella sfera di influenza della FIDAE toscana, è il caso la centrale di Nera Montoro a Terni, da cui l’unione con la provincia di Terni, e delle centrali di Arsiè e Cavilla nel Veneto.
La distribuzione sul territorio nazionale delle diverse imprese elettriche, con le loro particolarità, condiziona la strutturazione dell’organizzazione della FIDAE nel suo complesso. Questo tema è affrontato già dal primo congresso nazionale del dopoguerra, nel giugno-luglio del 194612, che riconferma Cesari quale Segretario generale, carica che questi conserverà fino alla fine degli anni
Cinquanta. Viene decisa un’organizzazione territoriale coincidente con quella adottata dalle aziende del settore elettrico per meglio creare e consolidare il rapporto contrattuale con la controparte. Si creano perciò nove segreterie interregionali, Piemonte, Liguria, Lombardia-Trentino-Alto Adige, Veneto, Toscana, Italia centrale, Italia meridionale, Sicilia e Sardegna. Questa scelta porta anche ad assegnare alla struttura regionale una funzione preminente, ad esempio essa prende parte a tutti gli accordi, anche quelli aziendali, e concorre con i suoi membri alla composizione del Comitato Centrale.
Anche l’associazione di rappresentanza padronale, la FENIEL, Federazione Nazionale Imprese Elettriche, cerca di superare la frammentazione della propria rappresentanza preferendo rapportarsi con le proprie associazioni regionali piuttosto che con le molte imprese elettriche esistenti. La FENIEL aveva, come la FIDAE, nove organizzazioni regionali le cui sedi coincidono con quelle
delle principali imprese elettriche, per la Toscana l’AIET, Associazione imprese elettriche toscane, con sede a Firenze, l’associazione che raggruppava le aziende municipalizzate era invece la FNAEM, Federazione Nazionale Aziende Elettriche Municipalizzate.

L’industria elettrica, dalle origini al 1962

Diamo quindi uno accenno alla situazione dell’industria elettrica in Italia. Nata a fine del 1800, con caratteristiche marcatamente idriche per la conformazione geografica della penisola e per la mancanza di carbone, l’industria aveva avuto una forte espansione durante la prima guerra mondiale, su domanda dell’industria bellica; successivamente durante il fascismo e nel corso del
secondo conflitto mondiale si era ulteriormente intensificato lo sfruttamento dei bacini idrici. I danni di guerra avevano inciso più sulla rete di distribuzione che sulle strutture produttive per cui, già dai primi mesi del 1945, con la sostituzione dei macchinari distrutti, riprendeva l’attività normale. La ricostruzione postbellica determina una veloce ripresa del settore e la graduale affermazione degli impianti termoelettrici dovuta alla maggiore disponibilità di carburante, ai
cambiamenti tecnologici intervenuti e al fatto che gli aiuti statunitensi escludevano finanziamenti al settore idroelettrico. Fino alla prima metà degli anni Cinquanta, comunque, continua a prevalere l’impiego di energia idroelettrica sia su quella termoelettrica che su quella geotermica, mentre per gli investimenti nel nucleare si deve attendere la fine del decennio.
Fin dagli esordi l’industria elettrica è stata caratterizzata dalla presenza di forti oligarchie: nonostante l’enorme numero di società, nel dopoguerra se ne contavano 259, queste erano controllate per il 54,4% da soli sei gruppi che assicuravano l’85% della produzione. Le maggiori società elettrocommerciali, a prescindere dalle aree di produzione, coincidevano con altrettante aree
geografiche di distribuzione. Tra le più importanti citiamo la SIP, Società Idroelettrica Piemonte, la Edison e la SADE, Società Adriatica di Elettricità, e la Trentina, da ovest ad est nell’Italia settentrionale; nell’Italia centrale La Centrale sul lato tirrenico e la UNES (Unione Esercizi Elettrici) su quello adriatico; la SME (Società Meridionale di Elettricità) nell’Italia meridionale peninsulare ed infine nelle isole la SGES (Società Generale Elettrica della Sicilia), e la SES (Società
Elettrica Sarda). La società capogruppo curava la politica finanziaria e la produzione, le società satelliti invece la distribuzione nei vari bacini di utenza. La Centrale ad esempio era una società esclusivamente finanziaria che comprendeva alcune imprese elettriche operanti in Toscana e Lazio,
tra queste la Selt Valdarno e la Società Romana di Elettricità. Accanto alle imprese elettriche private vi erano le aziende municipalizzate e gli autoproduttori. Le municipalizzate si concentravano soprattutto nelle grandi città del Centro e del Nord, Milano, Torino e Roma. Tra gli autoproduttori, cioè società impegnate in altri settori ma che producono energia elettrica per proprie necessità, ricordiamo la Falck, la Monteson e l’Ilva. Secondo l’ANIDEL, Associazione nazionale
imprese produttrici e distributrici di energia elettrica, nel 1950 l’energia generata dagli impianti italiani era distribuita per il 73,3% dalle imprese elettrocommerciali, il 16,7% dagli autoproduttori,
il 7,1% dalle aziende municipalizzate e il 2,9% dalle Ferrovie dello Stato.
Uno degli effetti più immediati di questa concentrazione era la capacità delle imprese di imporre le tariffe elettriche. Le aziende municipalizzate erano sorte spesso proprio con l’obiettivo di opporsi al monopolio stabilito tra i grandi gruppi elettrici attuando una politica tariffaria più vicina alle esigenze dei piccoli consumatori. Le municipalizzate ampliarono notevolmente la loro capacità
produttiva tra il 1946 e il 1962, ma non riuscirono mai a scalfire l’egemonia degli industriali elettrici, soprattutto in campo tariffario. Nonostante gli interventi del CIP, Comitato Interministeriale Prezzi, istituito nel 1944, non fu mai possibile né unificare a livello nazionale le tariffe per le utenze elettriche, né contenerle. Intanto però, negli anni del “miracolo economico”, il consumo di energia cresceva, sia nella grande industria sia nel settore privato, e l’aumento periodico
delle tariffe creava grande malcontento nell’opinione pubblica, inoltre era additato come una delle cause del mancato sviluppo economico del Sud.
La nazionalizzazione dell’industria elettrica era la strada che stavano percorrendo altri paesi europei, la Francia nel 1946, l’Inghilterra nel 1947, ed anche in Italia il tema, affrontato già durante la Costituente, era stato più volte ripreso in sede parlamentare. Anche il movimento sindacale ne aveva fatto un punto cardine del proprio programma ed aveva elaborato, fin dal 1949, un proprio progetto per la “creazione di un ente nazionale di elettricità”. Ma fu solo agli inizi degli anni Sessanta, con la mobilitazione dell’opinione pubblica da un lato e l’affermazione del centro sinistra dall’altro, che la nazionalizzazione divenne un tema attuale. Per tutta la sinistra l’industria elettrica rappresentava il fattore trainante della programmazione e la politica energetica l’asse portante dell’intera politica economica nazionale. Tutte le forze favorevoli alla
nazionalizzazione si riunirono nel convegno organizzato dagli Amici del “Mondo” a Roma nel marzo del 1960 sul tema “Le baronie elettriche”, e da questo momento si mise in moto la mobilitazione. Il dibattito sulla
nazionalizzazione si concluse con la presentazione del disegno di legge del Presidente del Consiglio dei Ministri Fanfani sulla “Istituzione dell’Ente per l’energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche” trasformato nella Legge n. 1643 del 6 dicembre 1962, che
sancì la nascita dell’ENEL, Ente Nazionale per l’Energia Elettrica.

La FIDAE, dal dopoguerra alla nazionalizzazione, 1945-1962

Abbiamo lasciato la FIDAE nel momento della sua ricostituzione dando un quadro della sua struttura organizzativa. Questa rimase quasi invariata fino al 1970: il Congresso nazionale elegge il Segretario generale e il Comitato Centrale e quest’ultimo designa un Comitato Esecutivo; nel 1949 viene creato anche il Consiglio Nazionale, organo consultivo. La Segreteria compare a partire dal
congresso del 1952 e viene rafforzata da quello del 1955, ma non soppianta mai del tutto il Comitato Esecutivo, che rimane l’anello di collegamento tra periferia e centro.
A livello periferico le 9 segreterie interregionali, già ricordate, stentano a decollare, soprattutto nel Centro e nel Meridione. In Toscana coincidendo le due aree, geografica e “aziendale”, l’attività procede più speditamente. Nel 1960 vengono previste 15 segreterie regionali, nel tentativo di armonizzare la geografia politica con quella dell’industria elettrica. Le altre strutture indicate nel
1946 sono le sezioni sindacali locali (spesso comunali) e quelle provinciali20, di fatto in azienda la presenza del sindacato è affidata prevalentemente alle Commissioni Interne e, per la parte organizzativa e finanziaria, ai collettori e ai comitati di attivisti. Solo nel 1955 compaiono le sezioni sindacali aziendali mentre i sindacati provinciali non hanno ancora molto spazio, da un lato sono
vincolati alle rispettive Camere del Lavoro, dall’altro alle segreterie regionali.
Nel febbraio del 1946 il contratto nazionale del lavoratori elettrici è il primo contratto ad essere siglato nel dopoguerra. Le relazioni industriali sono dominate dalle aziende elettriche di dimensioni maggiori, che fanno capo ai grandi gruppi finanziari privati, ma esistono prassi differenti di gestione dei rapporti sindacali e del lavoro da luogo a luogo. Sono state ereditate dal periodo fascista grosse
diversità contrattuali tra le varie aziende, tra quelle private e le municipalizzate, tra le regioni, tra gli operai e gli impiegati. Un altro fenomeno, che frammenta ulteriormente la situazione dei lavoratori, è il massiccio ricorso agli appalti. Una prima regolamentazione del fenomeno si ha soltanto con la legge 1369 del 1960, che stabilisce che gli appalti siano consentiti solo per lavori straordinari e che i
lavoratori delle ditte appaltatrici debbano avere lo stesso trattamento economico di quelli delle aziende elettriche. L’applicazione della legge trovò però grosse resistenze provocando agitazioni e manifestazioni, uno degli episodi più significativi è la rivendicazione a Firenze dei lavoratori della ditta Giovannetti nel 196122. Solo con l’istituzione dell’ENEL si andò verso una regolamentazione
del fenomeno.
Alla fine degli anni Quaranta l’attività sindacale si rivolse principalmente ai contratti nazionali, con un forte impegno sul fronte dei contratti integrativi aziendali, e alla lotta alla pratica degli appalti.
Per tutti gli anni Cinquanta l’attività contrattuale si svolge soprattutto presso le strutture locali, prevalentemente a livello aziendale dalle Commissioni Interne con l’appoggio delle Camere del Lavoro, ma con l’intervento attivo del regionale24. Nel 1947 riprendono anche le pubblicazioni del giornale nazionale di categoria, la testata “FIDAE”, che era stata fondata nel 1920 ed era vissuta
fino al 1926, il giornale verrà pubblicato fino al 1977.
Sullo sfondo anche delle vicende della FIDAE ci sono quelle del movimento sindacale italiano nel suo insieme, dall’esperienza dei Consigli di Gestione alla rottura dell’unità sindacale. Sul primo fronte si registra il caso del Consiglio di Gestione della Selt-Valdarno durante il 1948. Sul secondo assistiamo nello stesso periodo alla nascita di altre organizzazioni di categoria tra i lavoratori elettrici. Alla fine del 1948 si costituisce la FILLE, Federazione Italiana dei Liberi
Lavoratori Elettrici che si trasforma in FLAEI-CISL, Federazione Lavoratori Aziende Elettriche Italiani, nel maggio 1950. Il sindacato autonomo SILE, Sindacato Italiano Lavoratori Elettrici, si costituisce nel 1949 staccandosi dalla FIDAE e si unisce nel 1952 allo SLAE, Sindacato Lavoratori Autonomi Elettrici, per formare la FAILE, Federazione Autonoma Italiana Lavoratori Elettrici,
aderente alla CISAL, organizzazione del sindacalismo autonomo. La Unione Italiana Lavoratori Elettrici, UILE, poi UILSP (organizzazione dei Servizi Pubblici della UIL), nasce invece nel febbraio 1954. Infine nel 1950 si costituisce la Federazione Lavoratori Elettrici Sindacati Nazionali Italiani, FLESNI-CISNAL.
Alla soglia della nazionalizzazione, al Congresso Nazionale del 1960, la situazione della FIDAE appare ancora simile, dal punto di vista nella struttura organizzativa, a quella delineata negli anni 1945 e 1949, sarà la comparsa di un’unica azienda nazionale a condizionare le scelte organizzative. Il 1960 segna invece la nomina del nuovo Segretario nazionale: dopo 15 anni Vasco Cesari lascia l’incarico a Valentino Invernizzi. Il sindacato comincia a porre attenzione alle condizioni di settori specifici di lavoro, promuovendo il dibattito attraverso incontri e convegni, alcuni fra i più significativi si svolgono in Toscana: quello sui centri meccanografici (giugno 1961), quello sui lavoratori addetti alle centrali termiche (novembre 1961) e quello dei laureati (febbraio 1963)28.

L’ENEL e l’industria elettrica, 1962-1992

L’ente previsto dalla legge 1643, l’ ENEL, è un ente di diritto pubblico con la massima autonomia, non vincolato, come le aziende a partecipazione statale, a criteri di redditività. Furono previsti indennizzi ai privati e una parte delle azioni delle società furono acquistate direttamente dall’ENEL mentre per i
finanziamenti il nuovo ente doveva far riferimento sia all’autofinanziamento che al mercato dei capitali con l’emissione di obbligazioni. Negli anni Settanta però, di fronte ai notevoli problemi di finanziamento, la legge fu corretta con l’assegnazione di un fondo di dotazione all’ente.
La situazione produttiva al 1962 era di 80% di impianti termoelettrici, anche tra quelli in costruzione, 11,7% di centrali idroelettriche e 8,6% nucleari. In base agli obiettivi di politica economica, e per arrivare ad uno sviluppo territoriale equilibrato, l’ENEL avrebbe dovuto raggiungere un maggior coordinamento ed utilizzo delle risorse, rispondere con costi contenuti alla crescente domanda di energia ed accumulare riserve così da assicurare prezzi uniformi e favorire gli
investimenti necessari a far decollare le aree arretrate. Accanto all’ENEL operavano ancora le municipalizzate e gli autoproduttori, entrambi però subivano forti limitazioni in quanto l’ENEL era l’unico concessionario dell’energia elettrica. Le più limitate risultavano essere le aziende municipalizzate, la cui attività era prevalentemente di distribuzione, in quanto anche le tariffe venivano fissate centralmente dal CIP. Solo con la crisi energetica del 1973 le municipalizzate
svilupparono specifiche strategie in vista del risparmio energetico.
Il monopolio legale dell’ENEL sulla produzione, trasmissione distribuzione e vendita dell’elettricità ha avuto una prima deroga nel 198232 con la liberalizzazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili,
successivamente è stata liberalizzata l’autoproduzione33 ed infine il monopolio si è concluso con la totale liberalizzazione della produzione e della vendita con la direttiva CE 96/92 sul mercato elettrico interno, entrata in vigore nel febbraio 1997. L’ENEL è stato trasformato in società per azioni con la legge 359 del 8
agosto 1992 e successivamente privatizzato nel 1999.
Per raggiungere gli obiettivi sopra detti la scelta del nuovo ente fu quella di potenziare la rete di interconnessione per ottimizzare l’impiego delle capacità produttive; nel trentennio successivo si è teso ad un maggior grado di efficienza con il contenimento dei costi del servizio attraverso la standardizzazione e l’automazione degli impianti. I costi di produzione invece sono saliti in
coincidenza con i due shock petroliferi, nel 1973 a seguito della guerra dello Yom Kippur e nel 1979 dopo la rivoluzione iraniana, con il conseguente emergere a livello internazionale di nuovi paesi fornitori. A fronte dell’aumento dei costi l’ENEL si è trovato in difficoltà nel reperimento dei fondi necessari per gli investimenti. A questo scopo, oltre al fondo di dotazione già citato, si ricorse
all’aumento delle tariffe per accrescere l’autofinanziamento ricorrendo all’introduzione delle fasce tariffarie differenziate, infine si ridussero gli investimenti.
Fin dagli inizi della sua attività l’ENEL ha avuto difficoltà ad ottenere da parte delle autorità competenti, i comuni, l’autorizzazione alla costruzione di nuovi impianti, difficoltà che si sono acuite nel decennio successivo con l’istituzione delle regioni. Per risolvere questi problemi negli anni Settanta si è fatto ricorso prima a leggi impositive36 e successivamente, con la legge 8 del 1983, si sono accordati contributi ai comuni e regioni che accettassero sul proprio territorio impianti alimentati da combustibili diversi dagli idrocarburi (nucleari o a carbone), legge che è stata abrogata dal referendum del 1987 contro il nucleare. La situazione degli impianti di produzione alla fine del 1990 era di 651 idroelettrici, 64 termoelettrici, 23 geotermolettrici e 2 nucleari.
La struttura organizzativa dell’ente fu stabilita poco dopo la legge istitutiva38: la sua subordinazione allo Stato si esprimeva attraverso una serie di interventi da parte dell’Esecutivo sulla vita dell’ente, sia dal punto di vista gestionale che organizzativo. Nel primo periodo di attività l’ENEL aveva continuato per lo più ad operare con le strutture gestionali delle vecchie società, conservandone
anche personale e procedure. Dal punto di vista organizzativo a livello centrale era posta una direzione generale e una serie di direzioni centrali dipendenti dalla prima e di ulteriori servizi e uffici, con compiti speciali; dipendenti dalle direzioni centrali, ma distaccati sul territorio, erano i Centri di progettazione e costruzione ed i Centri di ricerca. A livello territoriale l’ENEL si rimodella sulla precedente regionalizzazione delle aziende elettriche private attraverso la costituzione di 8
Compartimenti: Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Cagliari. I Compartimenti venivano ulteriormente articolati in Distretti, coincidenti territorialmente con le regioni, se avevano ampiezza infraregionale erano chiamati Esercizi distrettuali. Le ulteriori unità minori erano le Zone, che ricalcano le precedenti zone di produzione o trasmissione, coincidenti grosso modo con le province, le zone erano a diretto contatto con gli utenti del servizio. Con
l’istituzione delle Regioni, dal 1970, si va verso la ridefinizione dei Compartimenti, in modo da farli coincidere con le nuove realtà amministrative.

La FIDAE fino alla costituzione della FNLE, 1963-1977

Con la nazionalizzazione dell’energia elettrica e l’istituzione dell’ENEL il sindacato di categoria si trovò di fronte ad un cambiamento radicale: in un solo momento la controparte si è trasformata da una miriade di soggetti ad un unico soggetto, da soggetto privato a soggetto pubblico. La creazione dell’ente pubblico alimentò inoltre le speranze di un nuovo ruolo attivo del sindacato nelle scelte di politica economica e di nuovi rapporti industriali, improntati ad una maggiore partecipazione.
All’atto della nazionalizzazione si instaura immediatamente un clima assai favorevole ai sindacati che conquistarono alcuni importanti poteri consultivi, sia nel settore contrattuale che in quello assistenziale. Già dal primo contratto di lavoro firmato con l’ENEL, nel 1963, si estende il ruolo delle rappresentanze sindacali, specie nel campo della gestione del personale, e si allarga la tutela
dei diritti dei lavoratori40, si istituisce un Comitato paritetico antinfortunistico e Comitati per la gestione delle Attività Ricreative, Culturali ed Assistenziali, ARCA. Nello stesso anno si raggiunge anche una base di accordo per risolvere il problema degli appalti che prevedeva l’assunzione diretta da parte dell’ENEL di tutti i lavori di esercizio e l’assorbimento dei lavoratori delle corrispondenti
ditte appaltatrici. In base a questo accordo nel 1964 in Toscana si firmò uno degli accordi regionali più significativi che includeva un calendario di assunzioni scaglionate fino al 1966. Nel successivo contratto del 1966 si istituisce il sistema delle “consultazioni periodiche” a livello compartimentale tra le parti42, e la Cassa Mutua di Malattia (CMM). In quello del 1968 si estende il controllo sullo sviluppo della carriera con particolare attenzione alla regolamentazione della scelta del personale fino ad arrivare, nel contratto del 1970, a stabilire che la “ponderazione” dei fattori su cui si basava la scelta dovesse essere concordata tra le parti e che dovessero essere presenti nelle commissioni d’esame per le assunzioni e per l’avanzamento di carriera membri sindacali.
Parallelamente prosegue l’azione volta alla soluzione del problema degli appalti. Nel 1966 fu firmato un nuovo accordo per consentire, con criteri più ampi di quelli fissati nel 1963, l’assunzione presso l’ente di lavoratori delle aziende appaltatrici, furono necessarie ancora mobilitazioni per la piena applicazione, soprattutto in Toscana dove si giunse ad un ulteriore accordo regionale nel 1969.
Similmente a quanto avviene nella struttura organizzativa dell’ENEL anche la FIDAE continua ad operare con le proprie precedenti strutture fino alle modifiche organizzative del 1970 quando, a seguito della crescita delle strutture periferiche, gli organi centrali acquistano un ruolo più politico e meno operativo, si rafforzano il Comitato Centrale e la Segreteria e viene abolito il Comitato Esecutivo. A livello periferico la struttura regionale resta ancora fondamentale mentre i sindacati
provinciali tendono a coincidere con le Zone ENEL.
Negli anni 1969-1970 l’ENEL tenta un riordino delle strutture nelle diverse aree, quella di produzione e trasmissione, quella della distribuzione e quella dell’amministrazione, attraverso una ridefinizione globale delle funzioni e dell’inquadramento del personale. FIDAE e FLAEI avversano il progetto e propongono invece di definire l’inquadramento a livello decentrato, attraverso la
trattativa locale, e questo sarà l’orientamento finale, sancito dall’articolo 15 del contratto del 1970.
Questo contratto segna un ulteriore momento di svolta, dopo la nazionalizzazione, nella storia operativa ed organizzativa della FIDAE consolidando l’intervento sindacale nel settore della gestione del personale e rafforzando ulteriormente i diritti sindacali. Tutta l’attività che si muove
intorno all’applicazione dell’art. 15 è inoltre fondamentale nel potenziare le strutture sindacali periferiche che devono essere consultate preventivamente su tutte le misure e i provvedimenti riguardanti l’impiego del personale.
Nei primi anni Settanta si ha anche l’avvio a livello confederale dell’azione unitaria, ratificata dalla nascita della Federazione CGIL-CISL-UIL nel 1972. Riflessi sulla categoria degli elettrici si hanno già con la piattaforma del contratto del 1970, per la prima volta unitaria, mentre nel 1974 si formano le federazioni unitarie, FIDAE-FLAEI-UILSP, sia a livello nazionale che regionale e
provinciale. Parallelamente cresce l’iniziativa dalla base con la costituzione dei Consigli dei Delegati e dei Consigli di Zona. Gli elettrici vengono interessati dal fenomeno in ritardo e, in molti casi, l’elezione dei delegati di reparto avviene in occasione delle trattative per l’art. 15. I Consigli Unitari dei Delegati (CUD) hanno formale riconoscimento con il contratto del 1973, con l’abbandono delle Commissioni Interne; il riconoscimento dei Consigli di Zona invece si ha nel
1977, con lo statuto FNLE. Parallelamente cresce il peso dei sindacati provinciali anche in funzione di coordinamento dei Consigli dei Delegati e dei Consigli di Zona. Per la Toscana è particolarmente significativa l’esperienza del Consiglio di Zona unitario a Larderello, attivo già dal 1972.
L’emergenza energetica spinge anche il sindacato ad occuparsi delle questioni di politica energetica. In prima linea ci sono i sindacati delle categorie del settore, elettrici, gasisti, acquedottisti, meccanici, chimici, e soprattutto gli elettrici, per il ruolo fondamentale che riveste l’ENEL nella strategia energetica nazionale. Dal 1974 fino ai primi anni Ottanta si susseguono convegni e studi sulle questioni energetiche, la cosiddetta “Vertenza energia”, che ricerca un confronto su queste tematiche tra sindacato, governo, regioni ed enti locali. In Toscana la vertenza
energia si traduce nella proposta di potenziare e valorizzare le risorse geotermiche. Modesti però i risultati ottenuti, tra questi il più significativo è l’accordo sulla cosiddetta “fascia sociale” delle tariffe elettriche, concluso nel 1974, grazie anche alla assai discussa pratica dell’autoriduzione.
Migliori risultati si ebbero nel campo della ristrutturazione aziendale con il riordino del settore della produzione (1978).
E’ frutto del nuovo interesse alla politica energetica anche la decisione di unificare i sindacati dei lavoratori addetti alla produzione energetica in un unico sindacato. Nel 1977 a Rimini, dal 21 al 23 aprile, dopo lo scioglimento delle precedenti federazioni, la FIDAE, la FIDAG, Federazione Italiana Dipendenti Aziende Gas, e la FILDA, Federazione Italiana Lavoratori Dipendenti
Acquedotti, si costituisce la FNLE, Federazione Nazionale Lavoratori Energia.

La FIDAG e la FILDA

La FIDAG era nata nel 1901 a Milano, zona di forza del comparto49, infatti l’industria del gas italiana, creata nella prima metà del 1800 ma sviluppatasi soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo, era localizzata prevalentemente nell’area padana, soprattutto nel settore dell’illuminazione pubblica. I tipi di gas allora utilizzati, provenienti in origine principalmente dal
carbone fossile, e in seguito da vari tipi di idrocarburi, erano a basso potere calorifico ma molto illuminante. Con il diffondersi, all’inizio del 1900, dell’illuminazione elettrica il settore del gas ebbe una prima radicale trasformazione negli usi, passando dall’illuminazione all’impiego quale fonte di calore, in cucina e per il riscaldamento, dell’acqua e degli ambienti.
Nel 1907 la FIDAG si sciolse, ma a livello locale continuarono ad operare le leghe dei gasisti50. Si ricostituì nel 1916, durante la prima guerra mondiale, periodo nel quale l’industria del gas, fornendo anche materiali di base per l’industria degli esplosivi, aveva avuto una notevole espansione, ma
venne sciolta nuovamente nel 1926. Si ricostituì nel novembre del 1945, ma in molti esercizi dell’industria del gas erano da tempo funzionanti le Commissioni Interne e operavano gruppi di attivisti raccolti nei Cln aziendali. Data l’estrema dispersione degli aderenti sul territorio, l’organizzazione della FIDAG era imperniata sulla direzione nazionale, con articolazioni locali di limitata importanza. Il sindacato regionale, secondo lo statuto, aveva solo il compito di curare che tutte le sezioni applicassero le disposizioni trasmesse dalla Segreteria nazionale.
Ancora nel dopoguerra la dislocazione territoriale degli impianti privilegiava le aree industriali del nord a scapito di quelle meridionali. La sostituzione del metano alla distillazione da carbone avvenne lentamente perché il passaggio a questo tipo di gas, con caratteristiche fisico-chimiche diverse da quelle del gas manifatturato e con un potere calorifico assai più elevato, comportava
notevoli modifiche delle reti di distribuzione e degli apparecchi utilizzatori. Accanto a piccole imprese, pubbliche e private, vi erano tre grossi gruppi privati: l’Italgas, unica struttura a carattere nazionale, l’Edison e la SME, queste ultime impegnate prevalentemente nel settore elettrico, avevano investito anche in quello del gas. L’associazione che raggruppava le imprese private era
l’ANIG (Associazione Nazionale Imprese Gas), per il settore municipalizzato la FNAMGAV (Federazione Nazionale Aziende Municipalizzate Gas, Acqua varie), infine per le società municipalizzate e consorziate gestite dalle regioni, la CISPEL (Confederazione italiana dei servizi pubblici degli enti locali).
Negli anni Sessanta la riconversione degli impianti assunse un ritmo accelerato che mutò profondamente la configurazione del comparto: le aziende si trasformarono da produttrici a distributrici e l’espansione nelle vendite irrobustì i bilanci aziendali. Tutto ciò consentì alle aziende di procedere a ristrutturazioni interne, prima fra tutte l’Italgas, dove dal 1967 era entrata l’ENI. Il sindacato, fino ad allora assai centralizzato, si trovò a dover fronteggiare una diffusa contrattazione integrativa aziendale e questo lo portò ad un rinnovamento delle strutture con il consolidarsi di quelle locali e l’affermarsi della sezione aziendale. Sempre alla fine degli anni Sessanta termina l’assoluta preminenza della FIDAG nel settore con l’affermarsi di altri sindacati di categoria: in ambito CISL nel 1969 si costituisce la Federenergia, che riunisce in una unica struttura i settori del gas, degli acquedotti e del petrolio (privato ed ENI); in ambito UIL i lavoratori si raccolgono nella UILSP (Unione Italiana Lavoratori Settore Pubblico). Infine anche tra i gasisti si fa strada l’esperienza unitaria attraverso la costituzione delle Federazione Unitaria Lavoratori Gas, FULG.
La crisi energetica del 1973 determina uno spostamento rilevante di impieghi energetici a favore del gas. Ad avvantaggiarsi di questa situazione sono soprattutto le aziende private che possono fare gli investimenti necessari per realizzare maggior efficienza ed economicità del servizio. A metà degli anni Settanta l’Italgas gestisce, direttamente o attraverso le consociate, il servizio del gas in 200 comuni, segue la Montedison a Milano e molti gruppi di ridotta dimensione, spesso costituiti con capitali delle società più grandi o con capitali provenienti da aziende a partecipazione statale, come la SNAM, consociata ENI. Prosegue la conversione di alcune aziende private in municipalizzate,
orientamento fortemente condiviso dal sindacato. Questo avviene soprattutto al centro nord, dove si concentrano anche i giacimenti di metano, ed in situazioni di aziende di piccole o medie dimensioni, dove gli enti locali possono sopportare gli oneri economici dell’operazione. Ma ci sono anche esperienze di costituzione di società a partecipazione mista, pubblico e privato, come nel
caso della Fiorentinagas di Firenze.
La FILDA era invece un sindacato di ridotte dimensioni54, per l’esiguo numero di aderenti e per la dispersa ed incompleta presenza sul territorio, tanto che al 1977 le strutture regionali non erano presenti su tutto il territorio nazionale, ma soltanto in Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Campania. La FILDA era nata nel 1946, precedentemente non esisteva una organizzazione sindacale nazionale dei lavoratori acquedottisti, mentre esisteva una
organizzazione nazionale degli industriali dei settori elettricità e gas che si interessava anche degli acquedotti, infatti, attraverso la partecipazioni nei capitali costituenti le società private, esisteva un intreccio tra aziende private dell’elettricità, del gas e dell’acqua. Come la FIDAE e la FIDAG, la FILDA operava su una realtà assai variegata: aziende private, municipalizzate e consorzi. Secondo il piano regolatore generale degli acquedotti nel 1966 erano state censiti 8397 acquedotti gestiti da circa 700 enti, di cui solo 70 da aziende municipalizzate e circa 30 in concessione ad aziende private.
I trattamenti economici e normativi dei lavoratori addetti agli acquedotti erano assai diversi: i dipendenti di quelli più grandi avevano propri contratti aziendali, quelli di imprese medie e piccole applicavano i contratti degli edili, dei metalmeccanici e dei braccianti, quelli infine degli acquedotti gestiti in economia dai comuni applicavano le leggi vigenti per i dipendenti comunali. Solo dopo la
costituzione della federazione, nel 1948, fu siglato il primo contratto nazionale del settore acquedotti, uguale per aziende private e municipalizzate. Rimanevano ancora esclusi gli addetti alle gestioni dirette in economia dei comuni e gli addetti ai consorzi.
Negli anni Cinquanta si costituiscono anche i Liberi Sindacati, confluiti poi nella Federgas-CISL, e nasce il Sindacato Acquedottisti UIL, poi confluito nella UILSP. Sempre negli anni Cinquanta, dopo l’iniziale successo del contratto del 1948, si diversificano nuovamente i contratti tra i vari settori degli acquedottisti e i trattamenti tra operai e impiegati. I successivi anni Sessanta sono quindi impegnati al raggiungimento di una nuova omogeneizzazione nei settori privato e
municipalizzato. Contemporaneamente, all’inizio degli anni Settanta, anche nel settore si sviluppano le esperienze unitarie con la costituzione della Federazione Unitaria Lavoratori Acquedottisti, FULA. Da una iniziale posizione, in linea con gli altri sindacati CGIL dei settori affini, che auspicava l’affidamento pubblico del servizio degli acquedotti attraverso l’estensione delle municipalizzate, con l’esperienza unitaria la FILDA, similmente a quanto avveniva nella FIDAG, giunge all’affermazione di una linea che prevede il sorgere di strutture consortili per comprensori territoriali ottimali affinché si realizzi il “servizio idrico integrato” per programmare l’intero ciclo delle acque.

La FNLE, dal 1977 al 1987

Particolare attenzione fu posta durante il Congresso di Rimini alle strutture della nuova federazione, che dovevano tener conto delle differenze esistenti tra i diversi comparti. I settori del gas e dell’acqua, diversamente da quello degli elettrici, non erano presenti in tutto il territorio nazionale, sia a causa del mancato sviluppo della metanizzazione nel Meridione e dei centri minori, sia perché
molti acquedottisti erano organizzati nel sindacato degli Enti locali. Inoltre le caratteristiche aziendali dei settori gas ed acqua, per lo più piccole e medie aziende, non avevano sempre consentito al sindacato di organizzare la propria presenza in tutte le unità produttive. Lo statuto della nuova federazione prevedeva l’elezione da parte del Congresso Nazionale del Comitato
Centrale, quest’ultimo eleggeva tra i suoi membri il Segretario Generale e la Segreteria Nazionale, organo esecutivo; era inoltre previsto un Consiglio Nazionale, con funzioni consultive, composto anche dai Segretari generali regionali e da 145 membri ripartiti per regione. Il Comitato Centrale era
suddiviso in diverse Commissioni: quella per la tutela della salute, quella assistenza e cultura, quella per la previdenza sociale. Infine particolare attenzione si era voluta dare alla formazione, potenziando il Centro Studi dell’Impruneta, in vista del nuovo ruolo che il sindacato si era assunto in materia energetica e di politiche economiche in generale. Il Comitato amministratore del Centro Studi diventava così organo permanente del Comitato Centrale e poco dopo il Congresso, nel giugno del 1977, venivano approvati il nuovo Statuto e il nuovo Regolamento del Centro.
La nuova federazione riconosceva come strutture territoriali e aziendali di base i Consigli di azienda di fabbrica; una novità era rappresentata dai Consigli di Zona, da realizzarsi nel caso che più aziende operassero in una stessa zona. Consigli di Azienda e Consigli di Zona erano coordinati dal
sindacato provinciale e dovevano rapportarsi con le nuove realtà amministrative che si andavano affermando, i comprensori e le circoscrizioni. Viene sottolineata l’importanza della struttura regionale (ereditata dalla FIDAE) che si spoglia delle funzioni di gestione diretta dei contratti per diventare invece il punto di riferimento nell’elaborazione dei programmi, centro di formazione, interlocutore politico dell’ente Regione e raccordo tra la CGIL regionale e quella nazionale. La
struttura organizzativa ha un ulteriore modifica nel 1981, a seguito dei nuovi indirizzi organizzativi diversa articolazione territoriale del sindacato con la costituzione dei Comprensori.
Ma l’azione unitaria era vicina alla rottura e i riflessi sulla FNLE si hanno prima nel 1980 in occasione della vertenza sul premio di produzione, poi nel 1984 con l’accordo separato con l’ENEL, in entrambi i casi i dissensi vertono sull’assistenza integrativa. Un altro terreno di scontro è costituito dal riconoscimento della professionalità, un tema che si era fatto urgente per la
concomitanza del secondo shock petrolifero del 1979 che imponeva all’azienda un ammodernamento. Inoltre negli anni il numero degli addetti nelle categorie superiori (gruppi “A”) era quasi raddoppiato rispetto al periodo 1970-1980, e così quello dei quadri intermedi. Per questo l’ENEL nel 1982 presentava un documento sulla professionalità che implicava anche una revisione delle procedure di scelta del personale, tendente a snellirne i meccanismi e a rafforzare l’autonomia decisionale delle direzioni aziendali. Nel contratto del 1983 l’aspetto più significativo è proprio il rinnovamento dei quadri intermedi: fu concordato con l’ENEL un primo assetto normativo differenziato rispetto al resto del personale, la normativa venne ulteriormente perfezionata nel successivo contratto del 1986 in occasione del quale le organizzazioni sindacali avevano tentato una ricomposizione dopo la rottura dell’unità.
A ricompattare le organizzazioni fu però soprattutto il peggioramento dei rapporti con l’ENEL, sia a livello centrale sia a livello locale, soprattutto negli incontri sulla ristrutturazione. L’incidente di maggio di Cernobyl aveva inoltre messo in grosso imbarazzo tutte le federazioni di categoria, tradizionalmente schierate su posizioni moderatamente filo-nucleari, posizione riconfermata dalla FNLE durante il Congresso nazionale FNLE che si era svolto poco prima del disastro (aprile 1986).
Soltanto l’effettuazione dei referendum popolari del 1987 consentì un cambiamento di rotta su questo tema con il definitivo tramonto del nuclearismo: nel Congresso nazionale dell’anno successivo il nuovo Segretario generale, Andrea Amaro, indicò con decisione la necessità di una politica energetica che vincolasse le esigenze di sviluppo economico a quelle della sicurezza ambientale.

Storia archivistica:

Gli archivi FIDAE-FNLE

Gli archivi oggetto del presente riordino sono riferiti all’attività del sindacato FIDAE-FNLE regionale toscano e di quelli provinciali di Firenze e di Larderello a partire dal dopoguerra fino al 1987-1990, mentre sono andati perduti sia gli archivi riferiti al periodo precedente al 1945, sia quelli della FIDAG e della FILDA anteriori all’unificazione con la FNLE.
Storicamente le sedi del sindacato regionale e di quello provinciale di Firenze sono state sempre in una medesima sede, presso la Camera del Lavoro di Firenze, dal 1945 al 1971, nella sede di Via del Campofiore dal 1971 al 1978, anno dell’acquisto dell’attuale sede in via Lanza. Una parte del materiale archivistico è stato inoltre negli anni depositata presso il Centro Studi dell’Impruneta e questo ne ha consentito la salvaguardia e la conservazione, fatto non usuale per gli archivi sindacali che sono andati spesso distrutti nel corso degli anni per far posto alle carte dell’attività corrente. Si deve dare atto di una particolare sensibilità alla preservazione della propria memoria storica da parte dei dirigenti della FNLE che fin dal 1990 decidevano di versare il materiale nell’attuale collocazione presso il Centro di Documentazione e Archivio storico della CGIL regionale toscana. Dobbiamo infine ringraziare il lavoro del personale amministrativo addetto alle due segreterie, personale che è rimasto abbastanza stabile nel tempo, che ha curato nel tempo la conservazione della carte. L’archivio di Larderello è stato invece depositato presso il Centro di Documentazione CGIL di Firenze grazie all’interessamento del precedente responsabile del Centro, Alvaro Bracaloni.
Gli archivi sono stati dichiarati di notevole interesse storico da parte della Soprintendenza Archivistica per la Toscana nel 1990. La Soprintendenza in quell’occasione ha stilato un primo elenco di consistenza.
La contiguità, oltre che fisica operativa, della Segreteria regionale con quella provinciale di Firenze ha determinato la confusione e la confluenza del materiale delle due strutture. A questo si aggiunga l’esperienza della Segreteria Interprovinciale toscana che dal 1963 al 1971 ha unificato la gestione e l’amministrazione della Segreteria regionale e di quella provinciale di Firenze con l’istituzione di un unico bilancio, fenomeno questo che appare abbastanza anomalo nel quadro organizzativo generale della FIDAE che abbiamo sopra delineato.
Il materiale del regionale, dell’interprovinciale e del provinciale di Firenze si presentava apparentemente ordinato per affari-argomenti ma ad una analisi più approfondita si è evidenziato che spesso la descrizione riportata sulla costola delle buste non corrispondeva del tutto al contenuto e che uno stesso affare era stato trattato e conservato in luoghi diversi. Questa pratica è assai frequente negli archivi sindacali in quanto i vari dirigenti che si occupavano di una certa questione formavano propri fascicoli di lavoro, talvolta estrapolando il materiale già archiviato, talvolta duplicandolo in parte. Nella fase finale di archiviazione i vari fascicoli potevano essere collocati anche in luoghi diversi per la contiguità dell’argomento con altri argomenti simili, o perché raggruppati con il criterio di attività trattate da una determinata persona. Ancora era frequente che i fascicoli appartenenti a persone diverse confluissero poi nell’archivio centrale senza un’analisi preventiva del contenuto. Inoltre, se non per determinate attività, quali ad esempio l’assistenza alle vertenze individuali, non emerge una netta divisione di compiti sia tra le strutture che tra le persone, frequente doveva essere anche il lavoro collegiale e questo rende anche difficile, tranne che in rari casi e nonostante quanto detto prima, separare il materiale appartenente ai singoli. Questo anche perché gran parte del patrimonio documentario trasmessoci consiste in raccolte di materiale “grigio”, prodotto o raccolto dal sindacato, ciclostilati, riviste interne, volantini, dossier tematici, ecc. Il carteggio invece è raccolto per lo più per corrispondente, Segreterie provinciali per il regionale, Consigli dei Delegati per il provinciale di Firenze, in ordine cronologico, formando fascicoli per mese o anno. Per la corrispondenza veniva utilizzata la registrazione di protocollo, per lo più con una numerazione distinta tra le lettere in arrivo e quelle in partenza, ma non tutti i registri sono stati conservati.
Il materiale prodotto dal regionale fino alla metà degli anni Sessanta è quello meglio organizzato e conservato, anche perché è stato oggetto di un intervento di riordino successivo. Di quest’ultimo, dattiloscritto, non datato ma sicuramente da collocarsi tra 1970 e il 1971, si conservano gli elenchi fatti con schede mobili raccolte in due quaderni ad anelli. In questa sorta di repertorio si conservano
tracce di correzioni, modifiche, nuovi elenchi dattiloscritti, aggiunte a mano ai precedenti, probabilmente nel tentativo di adattare nel tempo la prima organizzazione dell’archivio che, evidentemente, non rispondeva più alle aumentate attività di intervento della FIDAE; questi interventi successivi si possono datare dalla seconda metà anni Settanta. Vi è anche un elenco successivo ma che non copre tutto il materiale.
I primi repertori, relativi quindi al periodo 1945-1963 ma aggiornati con lo stesso criterio fino al 1970, seguono un ordine per serie privilegiando l’elencazione di materiale utile alla consultazione, quali leggi, accordi, trattamento delle indennità. Negli anni Settanta si assiste ad un proliferare di documentazione: aumenta innanzitutto l’attività vertenziale, c’è poi tutto il materiale relativo all’applicazione dell’art. 15, dal censimento dei lavoratori addetti e delle loro competenze alle trattative, infine, a seguire, tutta l’attività relativa ai concorsi interni e alle ponderazioni. Il materiale degli anni Settanta è quello che ha subito più danni, probabilmente fu collocato in ambienti inadatti per l’umidità e soprattutto i documenti ciclostilati, che sono su carta molto porosa, ne hanno risentito. Inoltre al posto delle veline si diffonde l’uso di fotocopie su carta lucida e acida che si è deteriorata più facilmente ed ha creato ruggine con i fermagli in metallo utilizzati; nello stesso periodo si è anche diffuso l’uso di cartelline plastificate che combinate all’umidità hanno spesso provocato seri danni alle carte. L’uso di fotocopie è anche la causa dell’aumento incontrollato di tutto il materiale accumulato. Per questo all’ordinamento iniziale si aggiungono e sovrappongono altri criteri di organizzazione: accanto ad alcune serie tipiche (leggi, volantini, corrispondenza), che continuano ad incrementarsi come nel periodo precedente, progressivamente si afferma una organizzazione del materiale per anno, si raccolgono cioè all’interno di una stessa busta affari diversi, ma riferiti ad un medesimo periodo, oppure una organizzazione per argomento. In entrambi i casi, che il più delle volte convivono, si fa a posteriori del materiale raccolto un elenco che viene apposto sul piatto della busta ma che non è riportato sul repertorio generale. Dal 1983 il sindacato regionale ha cominciato ad utilizzare una sorta di titolario di classificazione. Questo però ha segnato il quasi totale abbandono della formazione dei fascicoli in favore di una semplice raccolta cronologia dei documenti in base all’indice di classificazione, che viene riportato su ogni singolo documento e sui contenitori.
Il materiale del sindacato provinciale di Firenze, pur se in parte incluso in quello del regionale, ha conservato alcune serie proprie, tra queste quella relativa alle circolari e alla corrispondenza con la Camera del Lavoro di Firenze, serie che non si è interrotta neppure nel periodo di unificazione con il regionale. Nel periodo al 1970 al 1977 l’archivio FIDAE di Firenze si organizza con criteri simili a quelli seguiti dal regionale nello stesso periodo ma, a differenza di quello, non è rimasta traccia di repertori. Dal 1977, con la nascita della FNLE, è stato adottato un sistema di classificazione che si è mantenuto pressoché inalterato fino al 1987. La classificazione però non copre la documentazione relativa ai congressi e quella relativa alle elezioni dei CUD (Consigli Unitari dei Delegati) presso le varie aziende del territorio fiorentino.
L’archivio di Larderello arriva fino al 1990 ma purtroppo non conserva quasi niente del periodo relativo alla gestione della Larderello Spa, rimane solo una raccolta di accordi dal 1944 al 1964. Tutto il materiale è organizzato per macromaterie ordinate alfabeticamente. La Sezione di Larderello ha sempre rivestito un ruolo fondamentale all’interno dell’attività della FIDAE-FNLE quale punto di riferimento e coordinamento per tutti gli addetti della zona geotermica. Di fatto quindi costituiva una Segreteria provinciale, ruolo che si è consolidato con l’istituzione dell’ENEL e, nella seconda metà degli anni Settanta, con il dibattito sulle forme alternative di energia, gli anni Settanta sono anche quelli che conservano maggiori testimonianze documentarie.

I criteri di ordinamento FIDAE-FNLE Regionale e Interprovinciale

Il primo lavoro di sistemazione è consistito nell’individuazione delle serie appartenenti al regionale e di quelle appartenenti al provinciale, operazione non sempre agevole e che in realtà si è conclusa solo dopo il riordino complessivo.
Dati i diversi ordini che percorrevano l’archivio del sindacato regionale, per serie, per argomento, per anno, si è dovuto operare comunque una scelta che avrebbe modificato almeno in parte l’organizzazione del materiale così come pervenuto. Sperare infatti che una semplice operazione di descrizione dell’esistente fosse sufficiente per la consultazione dell’archivio era illusorio. Dopo quindi una ricognizione e una descrizione analitica fascicolo per fascicolo, là dove presente, si è proceduto al riavvicinamento, confronto e ricomposizione degli affari simili in fascicoli unici eliminando i doppioni. Là dove fosse riconoscibile si è mantenuto intero il fascicolo del dirigente competente insieme a quello generale riferito alla pratica, indicando il nome del dirigente se riconoscibile; in genere in questi casi ci si è trovati di fronte ad appunti, resoconti di incontri e assemblee, bozze per interventi ai congressi e simili. Nei casi in cui invece si sono rilevate raccolte intere chiaramente riconducibili ad una persona si è mantenuto il materiale insieme e a parte considerandolo come un subfondo. Questo però è stato possibile solo per la corrispondenza di Davis Ottati, Segretario regionale dal 1949 al 1966, e per il materiale raccolto da Franco Moroni. Invece per la molteplice attività di Cesare Salvagnini che sicuramente è colui che ha dato un impronta decisiva all’archivio fino alla prima metà degli anni Sessanta, non è stato possibile fare questo distinguo. Questo è dovuto proprio al fatto che Salvagnini ha fatto della propria documentazione e delle proprie istruzioni un unicum con l’archivio che si andava formando, frequenti le sue indicazioni su documenti e fascicoli “mettere agli atti”. Ugualmente frammisto al materiale generale della Segreteria quello di Andrea Bettarini, Sergio Milani ed altri.
Un discorso a parte, ma che conferma quanto detto sin ora, riguarda l’attività di Renzo Cassigoli come rappresentante sindacale presso la Sezione distrettuale di Firenze della Cassa Mutua. In questo caso il materiale (bb. 50-51) potrebbe configurarsi come un fondo aggregato, Cassigoli però deve aver continuato ad occuparsi dei temi legati alla Cassa Mutua perché ritroviamo del materiale
da lui raccolto anche in anni successivi, quando la Sezione è diventata unica per tutta la Toscana (b. 54, fasc 16). Questo conferma la tendenza a depositare nell’archivio unico il materiale frutto dell’attività specifica e personale o raccolto su quella materia da parte dei vari soggetti sindacali; per questo motivo si è preferito lasciare il fondo accanto alle altre buste relative alla Cassa, inoltre é
anche probabile che alcune serie, ad esempio le circolari dalla Sezione distrettuale, siano state pensate fin dall’inizio come facenti parte del patrimonio documentario della FIDAE regionale.
Simile l’attività di Franco Moroni come rappresentante FIDAE presso il Comitato amministratore nazionale del Fondo Pensioni, anche in questo caso, sebbene il materiale sia riferito a rapporti intrattenuti con i lavoratori di tutta Italia, il materiale è stato conservato insieme a tutto quello relativo al Fondo (bb. 326-329).
Il criterio seguito nel riordino del regionale è stato quello di ricostruire le serie e la loro successione così come indicato dal primo repertorio arrivato sino a noi. Si ritrovano quindi delle serie tipiche,
simili a quelle che potremmo ritrovare in archivi di altri soggetti con una propria struttura organizzativa e burocratica abbastanza stabili, ma legate alle funzioni specifiche del sindacato: le riunioni e gli atti degli organismi sindacali, il Direttivo o Segreteria regionale, i congressi, le circolari dalla Segreteria Nazionale, i rapporti con quelle Provinciali, i rinnovi contrattuali, le vertenze, gli accordi, le leggi di interesse generale e così via. Oltre a ricostruire queste serie si sono mantenute le raccolte di documentazione per materia che sono state poste, secondo il criterio cronologico, ad affiancare ed integrare le serie appena dette. Tra le raccolte tematiche rientra tutto il materiale riguardante gli appalti che comprende quindi la corrispondenza con gli aderenti occupati negli appalti, le lotte e gli accordi che li riguardano e successivamente le comunicazione date dall’ENEL dei lavori dati in appalto. Ancora sono stati mantenuti i raggruppamenti fatti in relazione a categorie particolari di lavoratori, esattori, letturisti, guardiafili ecc.Un altro grande tema è la “Struttura ENEL”, sotto questo argomento possono confluire analisi dell’articolazione del servizio elettrico, richieste di inquadramento con una parziale sovrapposizionecon il materiale riguardante l’applicazione dell’art. 15 del contratto del 1970, attività quest’ultima che è collocata fra le vertenze. Emblematica infine a questo proposito è la cosiddetta “Vertenza energia” di fine anni Settanta dove, accanto al materiale del tipo visto prima, riunioni, corrispondenza, è stata raccolta una gran quantità di documentazione tematica di varia provenienza: corsi di formazione, convegni, ritagli di giornale e simili, riguardante le diverse fonti di energia, il risparmio energetico, le tariffe ecc. In base allo stesso criterio gran parte del materiale vario, “Documenti FIDAE” poi “Documenti FNLE”, è stato ricollocato nei fascicoli di riferimento, e così il materiale sciolto.
La ricostruzione delle serie doveva anche dar conto dei mutamenti strutturali profondi avvenuti nella categoria. Per questo motivo la sequenza delle serie è stata ripetuta per due grandi blocchi
temporali distinti: il primo che va dal 1940 al 1962, periodo nel quale la controparte è costituita dalle industrie elettriche private, soprattutto la Selt Valdarno, e il secondo dal 1963 al 1982, periodo inaugurato dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica con la costituzione dell’ENEL. La distinzione nei due blocchi evidenzia in modo preciso il perdurare di alcune serie e l’introduzione di altre che sono legate direttamente al mutare della controparte.
La nascita della FNLE nel 1977 non è stata invece altrettanto determinante dal punto di vista del riflesso sull’archivio: le serie stabilizzate dalla fine degli anni Sessanta non hanno subito modifiche significative. Probabilmente il motivo è da ricercarsi nel fatto che la struttura burocratica ed operativa della FNLE si è modellata sulla precedente esperienza della FIDAE con l’aggiunta di riferimenti al coordinamento gas-acqua. Assai più importante, dal punto di vista archivistico, è stata l’introduzione di un titolario di classificazione nel 1983, con le conseguenze sopra ricordate, infatti sono quasi scomparse le serie che avevano caratterizzato l’archivio per quasi quaranta anni. Anche il riordino ha dovuto tener conto di questa cesura e vi è quindi nell’inventario del sindacato regionale un terzo, sia pur limitato ed incompleto, blocco che va dal 1983 al 1987.
In indice sono riportate tre tabelle riassuntive delle serie e della loro sequenza riferite ai tre periodi, 1940-1962, 1963-1982 e 1983-1987, l’ultima tabella contiene anche il sistema di classificazione così come è stato possibile ricostruire.
Dal confronto dei primi due blocchi temporali si può notare il persistere di alcune serie e l’introduzione di altre nuove, più direttamente collegabili all’attività dell’ENEL. Sopravvivono tutte quelle serie che hanno a che vedere con il funzionamento interno del sindacato (congressi, organizzazione, ecc.) e che possono ricevere modifiche da altri fattori indipendenti dalla struttura organizzativa della controparte, ad esempio alla corrispondenza con le Commissioni Interne si sostituisce, ma senza soluzione di continuità, quella con i Consigli dei Delegati da metà anni Settanta, oppure la comparsa delle serie relative all’attività della Federazione FIDAE-FLAEIUILSP.
Viceversa si ampliano e si strutturano meglio nel tempo tutte quelle serie nate nella prima metà degli anni Sessanta dal nuovo clima di relazioni che si instaura con l’ENEL, come le vertenze individuali, e fanno la loro comparsa le serie relative ai concorsi interni e alle ponderazioni, quelle relative alle vertenze di tipo legale, quelle riguardanti le procedure di votazione per l’elezione di rappresentanti della Cassa Mutua Malattia, dell’ARCA e dei CRE. Scompaiono dalla fine degli anni Sessanta le serie nate dai rapporti con le ditte appaltatrici, il cui personale è ormai stato assorbito dall’ENEL, e rimangono solo le comunicazioni periodiche da parte dell’ente nazionalizzato sui lavori dati in appalto.
Il passaggio all’ENEL segna un momento importante e significativo anche per il funzionamento di altre attività del sindacato, anche se con un certo sfasamento temporale. Ad esempio le Casse mutue aziendali, esistenti presso le industrie private, vengono riorganizzate in un’unica Cassa Mutua Malattia (CMM) dopo l’istituzione dell’ENEL nel 1965, oppure la nascita dell’ARCA (Attività Ricreative e Culturali Aziendali), istituita con il primo contratto collettivo siglato con l’ENEL nel 1963, ed infine il Fondo Pensioni che fu riformato nel 1965. Questo sfasamento non inficia però la suddivisione di massima tra prima e dopo la nazionalizzazione dell’industria elettrica, che quindi è stato mantenuto anche per questi istituti nei quali il sindacato ha avuto un ruolo decisivo. Il materiale della CMM e dell’ARCA-CRE è stato posto, come in origine, all’inizio dei due blocchi 1945-1962 e 1963-1983 distinguendo la fase delle elezioni da quella dell’attività vera e propria; quello del Fondo Pensioni al termine di entrambi i blocchi.

FIDAE-FNLE Provinciale di Firenze e di Larderello

Per il riordino dell’archivio del provinciale di Firenze anziché sui repertori, inesistenti, ci si è basati sulle segnature originali sopravvissute.
Per il periodo dal 1945 al 1971, con la cesura dell’Interprovinciale per gli anni 1963-1970, poco materiale era ben individuabile come specifico del provinciale, oppure era possibile separarlo da quello del regionale senza stravolgere quest’ultimo (bb. 1-10). Data infatti la stretta connessione e il prevalere della struttura del regionale negli anni di ricostruzione del sindacato nel dopoguerra, il
materiale relativo all’attività della Segreteria provinciale fiorentina per il periodo dal 1945 al 1955 era stato mescolato e conservato insieme a quello del regionale. L’unica serie ben individuabile e che, iniziata nel 1945, continua ininterrottamente fino al 1987, è quella delle circolari, o corrispondenza, con la Camera del Lavoro di Firenze. Anche nel periodo dal 1955 al 1963 gran parte del materiale era stato accorpato a quello del regionale, in questo caso soprattutto a seguito dell’attuata risistemazione dell’archivio regionale nei primi anni Settanta.
Il materiale che copre il periodo fino al 1971 quindi consiste in poche buste relative all’organizzazione e all’amministrazione interna, due fascicoli sul FAP (Fondo Assistenza Personale), qualcosa sulla Commissione Interna Selt Valdarno a Firenze e infine i rapporti con la Camera del Lavoro. Da segnalare per il periodo 1958-1964 la presenza (vedi b. 5) di materiale del Sindacato Lavoratori ditte appaltatrici, settore elettrico; si tratta di una struttura della FIDAE ma autonoma che si appoggiava al provinciale per la raccolta e la riscossione delle quote, dal 1964 l’attività di questa sezione, detta anche Segreteria appalti, viene assorbita dal Regionale.
L’anno della nazionalizzazione coincide anche con l’unificazione della Segreteria provinciale di Firenze con la Segreteria regionale e la costituzione dell’Interprovinciale FIDAE toscana. Quindi per il periodo 1963-1970 non vi è alcun materiale riferito al provinciale con l’eccezione sopra detta della serie delle circolari della Camera del Lavoro, l’archivio torna a costituirsi come fondo autonomo dal 1971, con la ricostituzione della FIDAE provinciale fiorentina.
I primi anni Settanta sono anche il periodo di consolidamento dell’attività dei Consigli dei Delegati ed infatti dal 1974 gran parte del materiale riguarda proprio i CUD (Consigli Unitari dei Delegati) e i CED (Consiglio Esecutivo Delegati) delle varie articolazioni ENEL presenti sul territorio. Infatti Firenze era la sede dei vari uffici e dei servizi del Distretto regionale, del Compartimento, della Zona di Firenze e di altre strutture, quali il Gruppo Impianti Firenze (GIF) e di alcune Stazioni. Vi è poi tutto il materiale relativo ai rapporti con la FIDAE regionale, con l’ENEL, con gli altri sindacati elettrici provinciali, con le federazioni provinciali di CGIL-CISL-UIL e di FIDAE-FLAEI-UILSP, infine dal 1977 è presente l’attività del CUD della Fiorentinagas.
A differenza di quanto accade nel regionale l’archivio di Firenze è organizzato diversamente dall’anno della nascita della FNLE. Pertanto nel fondo del provinciale si individuano due sistemi diversi di aggregazione documentaria: uno dal 1971 al 1977 e l’altro dal 1977 al 1987, anche se le serie sono per lo più le stesse nei due periodi. Il primo periodo è caratterizzato da una successione delle serie abbastanza casuale, nel secondo invece è stato adottato un sistema di classificazione simile a quello che adotterà il regionale nel 1983. In fase di riordino i due diversi ordinamenti sono state mantenuti per fornire, in un contesto limitato, il quadro dell’organizzazione originaria del fondo; per agevolare il reperimento del materiale e dare un quadro schematico di queste organizzazioni sono state costruite quattro tabelle di raffronto che si ritrovano in indice. La prima indica la successione delle buste per il periodo 1945-1971 con la sequenza assegnata in fase di riordino; la seconda riporta la segnatura, e quindi la sequenza, originale del periodo 1971-1977; la terza ricostruisce il sistema di classificazione in uso dal 1977. Infine la quarta evidenzia la persistenza o il venir meno nel tempo delle varie serie mettendole a confronto nei tre periodi.
Per l’archivio di Larderello si è rispettato l’ordine alfabetico per argomento in cui è l’archivio è pervenuto. Il materiale sciolto è stato collocato, in sintonia con l’ordine originale, seguendo la sequenza alfabetica, ad esempio quello riguardante il Consiglio di Zona e al Comitato di Zona CGIL è stato raggruppato sotto la voce “Zona”. (b. 23). In indice è riportata la sequenza completa delle varie voci.

Nota dell'archivista:

AVVERTENZE

Per la descrizione e la datazione sono state seguite le indicazioni ISAD: accanto al nome proprio di busta, fascicolo, sottofascicolo ed eventuale inserto, è stata indicata la data riferita all’affare o argomento trattato. La data posta dopo la descrizione indica invece le date estreme riportate sui documenti, compresi gli allegati, indicazioni diverse sulla datazione sono state segnalate.
La descrizione è stata più analitica in riferimento alle vertenze e ai congressi, indicando ad esempio per questi ultimi anche i nomi dei relatori. Questo per dare maggior rilievo all’attività rivendicativa e quindi politica del sindacato; più sommaria la descrizione delle serie riguardanti l’attività amministrativa.
Ugualmente analitica la descrizione degli accordi fino al 1963 e così pure tutto il materiale riguardante il periodo precedente la nazionalizzazione, ciò al fine di consentire il rinvio alle singole aziende operanti in Toscana Data la gran quantità di materiale grigio si è indicato analiticamente il nome della rivista, numero, anno e il numero delle pagine quando completo, e così per gli opuscoli a stampa. Si sono invece contate come carte i ritagli da giornali. Le fotografie sono state sommariamente descritte ed elencate in un indice a parte. Gli inventari nel loro complesso sono corredati da un indice delle persone, da uno dei luoghi e da uno riferito alle strutture sindacali, associazioni, enti ed aziende, ditte appaltatrici e strutture ENEL.
Vi è inoltre un indice dei contratti di lavoro e degli articoli citati. Sono inoltre presenti gli indici delle serie dei diversi fondi.

Lingua della documentazione:

  • Italiano

Condizione di accesso: accessibile previa autorizzazione

Condizione di riproduzione: consentita per uso studio

Stato di conservazione: ottimo

Soggetti conservatori

Soggetti produttori

Compilatori

  • Monica Valentini (Archivista)
  • Leila Harkat (Civilista)